Lavoro

I lavoratori italiani sono infelici e il problema va affrontato

Il report Gallup vede l'Italia fanalino di coda in Europa per una serie di indicatori chiave, tra cui la felicità

Gli italiani sono i più infelici d’Europa, insieme ai cugini ciprioti, per quanto riguarda il lavoro che svolgono. Lo afferma la società di analisi e consulenza Gallup che ha raccolto nel suo consueto Global Workplace Report annuale una fotografia globale del lavoro oggi, con oltre 150mila intervistati in ben 160 Paesi del mondo. Se la situazione mondiale non è certo brillante e rassicurante, in Italia riusciamo nella (consueta) impresa di stare peggio: solo il 4% degli intervistati si sente coinvolto nel proprio lavoro, il 49% è fortemente stressato, il 45% è preoccupato e il 27% delle persone (cioè più di uno su quattro) prova tristezza quando lavora per il lavoro stesso.

Il report, disponibile gratuitamente per il download qui, è del resto presentato da Jon Clifton, CEO di Gallup, con una breve sintesi dall’emblematico titolo: “The World’s Workplace is Broken”. “Il posto di lavoro del mondo è rotto“, letteralmente. “Ecco come aggiustarlo”. Dal report si evince di come il 59% delle persone intervistate abbia riferito di essere stato stressato nei giorni precedenti; il 56% è stato preoccupato e il 31% ha provato addirittura rabbia. Tornando poi a un altro trend che poi così trend non è ma che in questi giorni si è diffuso con il nome di quiet quitting, il 60% dei lavoratori si limiterebbe a fare ciò che gli è richiesto e il 19% è “talmente poco coinvolto da compromettere anche il lavoro del resto della squadra”.

In sostanza, la metà delle persone nel mondo è tanto insoddisfatta del proprio lavoro da sfiorare la depressione.

“C’è un problema di salute mentale nel mondo del lavoro e occuparsene significa iniziare davvero a lavorare per una società più inclusiva e sostenibile”, affermano da TeamDifferent, startup per il Benessere Mentale al lavoro che sta lavorando con l’ambizioso obiettivo di “mettere la serenità delle persone al centro”.

Secondo gli esperti TeamDifferent, i motivi che stanno portando alla globale e diffusa insofferenza lavorativa sono da ricercare essenzialmente in:

  • scarso equilibrio lavoro-vita privata,
  • eccessivo carico di lavoro,
  • scarsa flessibilità,
  • cattivi rapporti con il team e con il management,
  • scarsa definizione dei ruoli e delle mansioni in azienda.

Sembra evidente, inoltre, come alcuni di questi punti (in particolar modo il work-life balance e la flessibilità) siano diventati critici dopo l’esplosione della pandemia da Covid-19 del 2020 che ha di fatto ridisegnato vite e priorità di tantissime persone. La rivoluzione umana e quella del mercato del lavoro però sembrano non essersi allineate, e se è vero che ad esempio la contrazione dello smart working è ormai solo da certificare con i numeri, è altrettanto vero che l’insofferenza dei lavoratori post Covid è ancora evidente dal boom di dimissioni che continua anche nel 2022 e che caratterizza l’altro fenomeno mediatico (quello un tantino più tangibile) chiamato Great Resignation.

Altri, invece, come la scarsa organizzazione aziendale riferita all’individuo e il sovraccarico di lavoro, sono mali noti da sempre, soprattutto in Italia. “In troppi – affermano da TeamDifferent, che rilascerà a breve il suo primo prodotto per le imprese già in beta in alcune aziende selezionate per migliorare il benessere psicologico sul lavoro – sono ancora immersi in una cultura tossica del lavoro per cui sembra spesso impensabile staccare la spina, commettere un errore o dedicare al lavoro solo una parte del proprio tempo. Ciò che stupisce, però, è che a soffrire maggiormente di problemi mentali legati al proprio impiego siano i più giovani”.

“Certamente – aggiungono da TeamDifferent, che ha organizzato un evento online sul tema in questione a cui è possibile iscriversi a questo link – un buon punto di partenza sono i benefici dati dal welfare aziendale e dai vantaggi fiscali a favore dei datori di lavoro, ma non è abbastanza. Ciò che serve è iniziare ad occuparsi delle persone e mettere la loro felicità al primo posto. Riconoscere che degli individui stanchi e demotivati non possono essere produttivi e che le organizzazioni hanno ormai una vera responsabilità sociale verso le persone e il loro benessere psicologico”.

Enrico Parolisi

Giornalista, addetto stampa ed esperto di comunicazione digitale, si occupa di strategie integrate di comunicazione. Insegna giornalismo e nuovi media alla Scuola di Giornalismo dell'Università Suor Orsola Benincasa. Aspirante re dei pirati nel tempo libero.

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