Politica e Istituzioni

De Lorenzo (LeU): “Una legge sulla rappresentanza sindacale? Esigenza più che mai attuale”

La parlamentare ricorda che un disegno di legge a sua firma è stato depositato a inizio legislatura e che, a sua detta, applicherebbe "finalmente" l'articolo 39 della Costituzione. La soluzione, secondo Di Lorenzo, contro "la frammentazione della contrattazione leader e il far west degli accordi sottoscritti da sigle sindacali minoritarie, fittizie o di comodo".

“A inizio legislatura ho depositato un disegno di legge che dà finalmente attuazione all’articolo 39 della Costituzione, un articolo che, nei commi successivi al primo, risulta disapplicato dall’entrata in vigore della Carta che tutti definiscono la più bella del mondo”. Esordisce così Rina De Lorenzo, parlamentare indipendente in gruppo LeU, raccontando a Jobs Network Online della sua proposta che andrebbe ad apportare una sostanziale rivoluzione nel tema della rappresentanza sindacale in Italia.

Onorevole, una proposta di legge sulla rappresentanza sindacale: di cosa si tratta? 
“Ad inizio legislatura ho depositato un disegno di legge contenente ‘Disposizioni in materia di registrazione e di rappresentatività delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e delle associazioni dei datori di lavoro, di costituzione delle rappresentanze sindacali e di contrattazione collettiva‘. È un disegno di legge che dà finalmente attuazione all’art. 39 della Costituzione, un articolo che, nei commi successivi al primo, risulta disapplicato dall’entrata in vigore della Carta che tutti definiscono la più bella del mondo. Un’esigenza più che mai attuale nel dibattito sul salario minimo e il contrasto ai cd. contratti pirata che, aggirando la contrattazione collettiva, consentono alle organizzazioni sindacali datoriali e dei lavoratori di concludere accordi salariali in deroga alla contrattazione collettiva, con condizioni meno favorevoli per i lavoratori a cominciare dal salario.

Si tratta di contratti collettivi sottoscritti da sindacati minoritari e associazioni imprenditoriali poco rappresentative delle parti sociali che costituiscono un’alternativa ‘al ribasso’ rispetto alle conquiste dei lavoratori, con deroghe peggiorative rispetto agli accordi siglati dai confederali.

Secondo le ultime stime dell’INL nel giro di poco più di 10 anni si è passati da 398 contratti collettivi nazionali a quasi 900: un decennio di erosione dei diritti e della qualità del lavoro a cui si accompagna il deterioramento della contrattazione collettiva che ha spalancato la porta ad abusi”. 

Perché si rende necessaria, a suo parere?
“La legge sulla rappresentanza sindacale prevede l’intervento del legislatore per dettare norme con cui regolamentare e disciplinare la registrazione delle organizzazioni sindacali, associazioni di fatto il cui riconoscimento giuridico contrasterà il fenomeno del dumping salariale consentendo  solo alle organizzazioni veramente rappresentative  di firmare i contratti e stabilire le regole negoziali. Una legge di cui vi è assoluta necessità per disboscare la giungla dei contratti pirata che si inserisce a pieno titolo nel dibattito sul salario minimo. Sono favorevole ad una legge che fissi un salario minimo orario, ma a condizione che si agganci alla contrattazione collettiva che in Italia ha un’importante storia di relazioni  industriali che hanno favorito la regolamentazione del rapporto di lavoro e la tutela dei diritti dei lavoratori. È una priorità per il nostro Paese perché la contrattazione collettiva resta l’unica via per innalzare i salari e garantire i diritti dei lavoratori.

Parte da questo presupposto la proposta di direttiva europea, firmata a Bruxelles il 7 giugno scorso, per il salario minimo e la promozione della contrattazione collettiva tra le rappresentanze del Parlamento europeo, il Consiglio europeo e la Commissione. Un accordo non vincolante per i Paesi membri che non hanno una regolamentazione omogenea in materia di diritti sindacali, libera contrattazione e tutele dei lavoratori. Una proposta  che riafferma la centralità della contrattazione collettiva nella determinazione di livelli retributivi adeguati per contrastare il fenomeno del lavoro povero, sottopagato, largamente diffuso anche nel mondo occidentale industrializzato. Occorrono interventi e misure di contrasto alla povertà lavorativa, acuita dalla pandemia e dallo conflitto in Ucraina per garantire ai lavoratori livello di reddito adeguati e dignitosi. Il diritto ad una retribuzione adeguata è un’urgenza sempre più drammatica da affrontare anche con misure straordinarie ed immediate con interventi fiscali in grado di sostenere i salari e difendere il potere d’acquisto dei lavoratori intervenendo sul dumping sociale e fiscale alimentato dal mercato unico europeo. Occorre intervenire anche sulle condizioni generali del lavoro, sul part time involontario, sulla formazione e sulla sicurezza rafforzando la contrattazione collettiva che è e resta lo strumento principale di tutela dei diritti dei lavoratori. La proposta di direttiva è dunque una buona notizia, ma non può essere sganciata dalla contrattazione collettiva perché il rischio è che la disciplina legislativa del salario minimo possa rappresentare una trappola liberista per svuotare la contrattazione e minare il ruolo assegnato dalla Costituzione alle parti sociali.

La frammentazione della contrattazione ‘leader’ e il far west degli accordi sottoscritti da sigle sindacali minoritarie, fittizie o di comodo che tagliano i diritti, che sottoscrivono contratti al massimo ribasso può essere contrastata con l’attuazione dell’art. 39 della Costituzione che, nel rispetto della libertà sindacale, prevede le modalità di registrazione dei sindacati che acquistano personalità giuridica, l’accertamento della rappresentatività delle associazioni sindacali registrate che stipuleranno contratti collettivi con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce”.

C’è chi sostiene che, proprio come la politica, anche i sindacati hanno derogato al proprio ruolo. Che ne pensa?
“Chi sostiene questo nega la democrazia e i suoi valori. Chi conosce il ruolo storico dei sindacati, come dei partiti, nella costruzione delle società pluraliste e degli assetti politici social-democratici temo abbia come obiettivo la loro scomparsa o un loro drastico dimensionamento. Sono critiche che si ripropongono periodicamente per fornire alibi nei periodi di gravi crisi economiche e sociali. I sindacati sono attori collettivi organizzati irrinunciabili nelle dinamiche democratiche del Paese con una funzione determinante per una politica di riforme radicali del lavoro in grado di contrastare la precarietà e le diseguagliaze sociali, le delocalizzazioni e i licenziamenti, capace  di difendere il diritto al lavoro e la sua dignità, con uno sguardo attento al lavoro dei giovani e delle donne, al Mezzogiorno d’Italia per una nuova politica economica meridionale nel rispetto degli obiettivi indicati dal PNRR. È questa la sfida del sindacato che non rinuncia a lottare in difesa dei diritti dei lavoratori per un nuovo sviluppo economico e sociale che metta al centro la persona, la dignità la qualità del lavoro”.          

Federica Colucci

Napoletana, classe 1990, Federica Colucci è giornalista, HR e communication specialist. Già responsabile della comunicazione dell'Assessorato al Lavoro e alle Politiche Sociali del Comune di Napoli, ha come expertise i temi del lavoro, del welfare e del terzo settore. Condirettore di FMag.it

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