Politica e Istituzioni

“Votare è bello”: l’appello dell’Azione cattolica di Nola contro l’astensionismo

"Vi ricordate il vostro primo voto? L’attesa che lo ha accompagnato, il desiderio di provare a cambiare le cose, costruire un mondo diverso? Io non credo che i giovani di oggi abbiano perso la voglia di incidere, di impegnarsi per il bene comune. Forse è proprio la concretezza ciò che servirebbe: la possibilità di un cambiamento deve potersi toccare. I giovani non sono sprovveduti: sanno bene che in politica non esistono le bacchette magiche". A tu per tu con Vincenzo Formisano, promotore dell'appello al voto

«Votare è bello. Partecipare è bello. Prendersi cura degli altri e del futuro è bello». Parole dell’Azione cattolica della Diocesi di Nola, che nelle scorse ore ha lanciato un invito a non disertare le urne il prossimo 25 settembre. Ne abbiamo discusso con Vincenzo Formisano, presidente dell’associazione.

Presidente, un appello ad andare a votare attraverso i canali ufficiali. Perché Azione cattolica ha avvertito questa necessità?
“Ci siamo sentiti chiamati in causa dai dati legati all’astensionismo. Crediamo che la bassa percentuale di persone intenzionate a votare debba interrogare profondamente ognuno di noi. Siamo convinti che la democrazia sia un elemento importante, un valore da difendere e che prendersi cura degli altri – anche e non solo – attraverso il proprio voto non sia solo un diritto, ma anche un dovere e un piacere. Votare è bello, è un momento di costruzione e speranza: forse i toni con cui si sta conducendo la campagna elettorale, la poca rappresentatività dei candidati sui nostri territori, il clima di sfiducia generale, stanno facendo perdere la gioia con cui ci si dovrebbe andare al seggio”.

Il vostro invito è principalmente rivolto ai giovani, forse i più sfiduciati rispetto a un auspicato cambiamento. Oltre all’invito, quali sono le azioni che la classe dirigente e le istituzioni dovrebbero mettere in campo per riaccendere la fiducia?
“Vi ricordate il vostro primo voto? L’attesa che lo ha accompagnato, il desiderio di provare a cambiare le cose, costruire un mondo diverso? Io non credo che i giovani di oggi abbiano perso la voglia di incidere, di impegnarsi per il bene comune. Basti pensare alle mobilitazioni intorno a temi specifici, al loro impegnarsi con generosità appena c’è la possibilità di fare qualcosa di concreto. Forse è proprio la concretezza ciò che servirebbe: la possibilità di un cambiamento deve potersi toccare. I giovani non sono sprovveduti: sanno bene che in politica non esistono le bacchette magiche. Ma qualcosa si può fare. Ecco, forse, bisognerebbe iniziare banalmente da piccoli passi, ma concreti e realizzabili. E poi, soprattutto, non dobbiamo demolire i loro sogni. Abbiamo una generazione di over 50 figli del boom che vive una realtà fatta di sicurezza e stabilità che non appartiene ai più giovani; un’altra generazione di trentenni-quarantenni incattiviti e disillusi che vedono solo nero e non perdono occasione per sottolineare la loro sfiducia: proverei a chiedermi – da adulti – che idea e immagine di politica diamo ai giovani, quanto entusiasmo trasmettiamo perché loro non sono stupidi, è difficile che credano in qualcosa che noi raccontiamo come cupo e inutile”.

Cosa risponde a chi dice che anche non votare in questo momento rappresenta una scelta?
“Sicuramente è una scelta, ma non è detto che sia la scelta migliore. A chi decide di non votare perché non interessato mi verrebbe da chiedere perchè è disinteressato rispetto al futuro dei suoi figli e del nostro territorio. A chi decide di non votare perché vede nell’astensione una protesta pacifica mi verrebbe da chiedere quante volte ha detto ‘chi tace acconsente‘. Nella nota abbiamo scritto che l’astensione viene percepito come il silenzio di chi si gira dall’altra parte e che questa scelta fa il gioco di tutta la ‘malapolitica‘ locale: è importante, quando si sceglie, valutare non solo il proprio punto di vista, ma anche le conseguenze che ha la nostra scelta”.

Il Santo Padre di recente ha ribadito l’importanza di una politica di alto livello, perché quella di basso livello fa sprofondare i Paesi. Ma ha anche sottolineato che in Italia 20 Governi in 20 anni sono uno ‘strano modo di ballare il tango’. Quanto l’instabilità politica incide quindi su questa già annunciata assenza alle urne?
“Da argentino credo che papa Francesco se ne intenda di tango… C’è molta schizofrenia da parte dei politici, schizofrenia che però viene permessa dalla poca memoria degli elettori. In questo caso devo ammettere che la colpa non sia da dividere al 50% tra gli eletti che hanno una notevole capacità di riorientarsi in base al vento – che è cosa diversa rispetto al cambiare idea che è una cosa legittima – e tra gli elettori che sembrano spesso i protagonisti di ’50 volte il primo bacio’: si svegliano la mattina dimenticandosi cosa è successo il giorno dopo. Questi cinque anni, caratterizzati da forze politiche che hanno governato insieme in varie alleanze, che hanno litigato, e che ora si presentano alle urne unite ma con una divisione di fondo oppure divise ma con il rammarico di non essersi potute unire, rappresentano probabilmente un caso eclatante. Il tutto condito dal surrealismo dato dal fatto che la maggioranza degli italiani ha fiducia in Draghi, ma i partiti che lo hanno supportato fino alla fine sono quelli che – probabilmente – usciranno peggio dalle urne. Ecco, questo tango incide sicuramente, ma è difficile dare tutte le colpe ai ballerini e ritenere gli spettatori vittime”.

Enrico Parolisi

Giornalista, addetto stampa ed esperto di comunicazione digitale, si occupa di strategie integrate di comunicazione. Insegna giornalismo e nuovi media alla Scuola di Giornalismo dell'Università Suor Orsola Benincasa. Aspirante re dei pirati nel tempo libero.

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