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Giornalismo e pirateria, Silvestri (SUGC): “Italia non pronta alla sfida del digitale”

Il segretario del Sindacato Unitario Giornalisti Campania dopo l'ennesima operazione GdF: "Serve una riforma globale del sistema dell'informazione".

L’ultima, in ordine di tempo, è di giusto una manciata di giorni fa: in un’operazione del Nucleo speciale beni e servizi, la Guardia di Finanza ha sequestrato 32 canali digitali in cui circolavano illegalmente copie pirata, digitali chiaramente, di giornali tra quotidiani, settimanali, magazine, rotocalchi e addirittura riviste specializzate. I tempi diventano sempre più veloci (l’operazione, dal nome Black Screen, è partita lo scorso dicembre e in tre mesi d’indagini ha portato ai sequestri) e le controffensive più efficaci, ma il fenomeno dei giornali pirata non accenna a diminuire. Il ché, per un settore che di problemi – e anche di natura economica – ne registra parecchi, è un peso troppo gravoso e che rischia di compromettere equilibri già troppo precari. Questo, chiaramente, oltre ad esporre gli “incauti” lettori a phishing o altri rischi in cui possono incorrere navigando alcuni anfratti non troppo limpidi della Rete. Ne abbiamo parlato con Claudio Silvestri, giornalista di lungo corso e segretario del SUGC (Sindacato Unitario Giornalisti Campania).

Claudio Silvestri, in che modo il Sindacato è impegnato per arginare il fenomeno della diffusione clandestina digitale dei quotidiani?
“Il sindacato ha sollevato il problema da quando il fenomeno si è presentato. In realtà, per la questione della copie pirata ci troviamo di fronte a un vero e proprio reato. In questo caso è fondamentale la denuncia degli editori, che solo negli ultimi anni, e di fronte alla crisi dell’editoria, si sono accorti dell’importanza del fenomeno. Per quanto ci riguarda, in sede istituzionale, abbiamo sempre insistito per ottenere una legge adeguata sul copyright che contemplasse anche la regolamentazione dell’utilizzo da parte di terzi di articoli di giornale, anche nel caso delle rassegne stampa. La normativa approvata nel 2021, che recepisce quella europea, va esattamente in questa direzione”.

Insieme alla legge sul diritto d’autore, inizia a formarsi un impianto normativo utile per tutelare il lavoro di tanti giornalisti. Quali sono i prossimi passaggi necessari per arginare il fenomeno dell’informazione piratata?
“Il fenomeno è più diffuso di quello che pensiamo. E non si limita alle copie complete dei giornali in pdf che vengono diffuse attraverso alcuni social. Ogni giorno è possibile trovare in Rete interi articoli completamente copiati da chi quell’informazione l’ha prodotta investendo del denaro. Ci sono moltissimi siti di informazione che sopravvivono grazie al copia e incolla. Ora esistono gli strumenti legislativi per colpire chi ha riprodotto illegittimamente un articolo, mancano quelli tecnologici, ma soprattutto quelli burocratici: la giustizia è talmente lenta e costosa che non sempre conviene denunciare. Spesso si perdono tempo e denaro. Ci vorrebbe una struttura specifica per individuare e punire i colpevoli, che desse risposte in tempi adeguati. Ma è come parlare del sesso degli angeli”.

Si può tendere a sottovalutare il problema, vero, ma quali sono le ripercussioni – economiche e non solo – di tali pratiche? E quanto sono penalizzanti in un settore già così provato?
“Le ripercussioni sono pesantissime. Il mondo dell’editoria è in ginocchio. I giornalisti dipendenti sono talmente pochi che non riescono più a sostenere il costo di chi già è andato in pensione. I giornali in edicola non si vendono più. La piccola editoria online non riesce ad applicare il giusto contratto ai giornalisti, quella grande non lo vuole applicare. È evidente che, in questo contesto, la difesa del lavoro delle singole testate, e quindi dei giornalisti, diventa fondamentale per la sopravvivenza stessa delle aziende editoriali”.

In questo momento, l’universo informazione in Italia è preparato adeguatamente alla sfida del digitale o c’è ancora da fare per recuperare il gap?
“No, non siamo pronti. Serve una riforma globale del sistema dell’informazione, servono norme e interventi economici, ma nessun Governo vuole metterci mano. Sono tutti pronti a schierarsi per la libera informazione, ma quando si tratta di garantire quella libertà con delle leggi, non c’è un partito pronto a fare una battaglia in Parlamento. In questo contesto, ogni piccolo giornale diventa un avamposto di resistenza civile, ogni giornalista un piccolo eroe costretto a procedere in destinazione ostinata e contraria”.

Enrico Parolisi

Giornalista, addetto stampa ed esperto di comunicazione digitale, si occupa di strategie integrate di comunicazione. Insegna giornalismo e nuovi media alla Scuola di Giornalismo dell'Università Suor Orsola Benincasa. Aspirante re dei pirati nel tempo libero.

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