Lavoro

Più disoccupati ci sono, più è difficile trovare persone da assumere: il paradosso Italia

Una ricerca Randstad cristallizza lo strano caso del nostro Paese, in cui ad oggi si contano quasi cinque milioni di persone da inserire nel mercato del lavoro.

Vi è mai capitato di chiedervi come è possibile che ci sono sempre più disoccupati e sempre più dimissionari (si legga Grandi Dimissioni) e nonostante ciò ci sono sempre più aziende che non trovano i dipendenti che cercano (e non certo per l’ormai destinato a sparire Reddito di Cittadinanza)?

Sono 5 milioni le persone ai margini del mercato del lavoro – tra disoccupati e disillusi. Il dato è già di per sé preoccupante, ma diventa paradossale nel momento in cui all’aumentare della disoccupazione, ossia il numero di persone potenzialmente libere da assumere, non diventa più facile trovare personale qualificato.

Lo afferma uno studio Randstad Research che ha analizzato il “mancato incontro” tra domanda e offerta nei diversi settori e territori, identificando per la prima volta gli spostamenti della “Curva di Beveridge”, lo strumento che permette di analizzare l’efficienza dei diversi mercati del lavoro misurando la variazione percentuale del tasso dei posti vacanti al variare della disoccupazione. Quello che ne viene fuori è che il mercato del lavoro è sempre meno efficiente, con una persistante problematica di matching tra domanda e offerta.

Crisi sempre peggiori

Il disallineamento, evidenziato dalla ricerca presentata in queste ore nella sede romana del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), crea un apparente paradosso: quando aumenta la disoccupazione, non diminuisce la difficoltà a reperire le figure professionali richieste dalle imprese. Nella doppia crisi vissuta dall’Italia tra il periodo 2005-2009 e 2015-2019 la curva di Beveridge ha mostrato un forte peggioramento con aumento sia del tasso di disoccupazione che dei posti vacanti, arrivando a un punto di rottura dal quale tuttora non ci siamo ristabiliti.

Passato il periodo Covid (con il blocco dei licenziamenti), la ripresa del lavoro 2022 ne sconta l’eredità: mentre diminuisce il tasso di disoccupazione (che resta comunque alto), continua a crescere il numero di offerte di lavoro scoperte. Oggi, ogni 100 disoccupati in meno si contano mediamente 24 posti vacanti in più.

Fano (Randstad research): “Colli di bottiglia strutturali, svolta può arrivare dal PNRR”

Ok, quindi effettivamente ci sono più disoccupati e più papabili dipendenti. Ma perché ciò accade? “Le cause strutturali dei colli di bottiglia del nostro mercato del lavoro – spiega a latere della presentazione del rapporto Daniele Fano, coordinatore del Comitato scientifico di Randstad Research – sono diverse: ci sono aspetti retributivi, demografici, sociali, ma soprattutto l’inadeguatezza di percorsi formativi poco orientati alle professioni richieste dal mercato e non al passo con l’innovazione tecnologica. E poi la natura della nostra disoccupazione, di lungo periodo, con oltre metà delle persone in cerca di lavoro in Italia disoccupata da più di un anno”.

“La storica debolezza delle politiche del lavoro – continua Fano – relega troppi giovani, donne in età lavorativa, uomini vicini all’età della pensione tra gli inattivi ed esaspera il paradosso di un’elevata difficoltà di reperimento delle figure professionali desiderate da parte dei datori di lavoro, per non parlare dei tanti attivi che hanno scelto invece di far carriera all’estero. Una vera svolta può arrivare dal PNRR, che investirà importanti risorse in questi ambiti, ma il cui sforzo andrebbe decuplicato per poter risolvere pienamente la situazione”.

Enrico Parolisi

Giornalista, addetto stampa ed esperto di comunicazione digitale, si occupa di strategie integrate di comunicazione. Insegna giornalismo e nuovi media alla Scuola di Giornalismo dell'Università Suor Orsola Benincasa. Aspirante re dei pirati nel tempo libero.

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