Lavoro

Smart working: cosa accade dal 1 novembre 2022

Lo smart working esce lentamente dalla fase emergenziale, non senza difficoltà. E con il timore che non abbia del tutto attecchito in Italia.

Il 1 novembre 2022 è una data fondamentale per lo smart working in Italia. Quella che sembra una brusca e criticata frenata trova nella fine (era ora) della modalità emergenziale introdotta con l’esplosione della pandemia da Covid-19 uno dei suoi momenti – verità.

La data del 1 novembre 2022 è infatti quella entro cui i datori di lavoro dovranno comunicare l’attivazione di nuovi accordi di lavoro agile, o in alternativa le modifiche alle precedenti intese come previsto ora da legge. Ciò vuol dire che con la fine dello smart working semplificato (che non prevedeva una rigida comunicazione dell’accordo tra le parti alle Istituzioni, nell’ottica del rendere il più semplice possibile permettere ai dipendenti di lavorare da casa come contenimento del virus imponeva) torna obbligatorio mettere nero su bianco come e in che modo l’azienda regola lo smart working interno. Le aziende, chiaramente, hanno avuto un periodo lunghissimo per farsi trovare pronte a questo momento, ma ad oggi sembra comunque che la strada sia in salita.

Il primo giorno di novembre, in pratica, è quasi da interpretare come una deroga. Le nuove modalità di applicazione dello smart working (che, ricordiamo, sono previste dallo scorso settembre) hanno infatti fatto emergere – in fase di prima applicazione come previsto dal primo settembre scorso – “numerose criticità”. Ed è proprio su questi aspetti si concentra l’approfondimento della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro dal titolo ‘Smart working: istruzioni per l’uso‘ datato 13 settembre. Uno studio con il quale vengono analizzati anche i profili sanzionatori e fornite utili FAQ per sciogliere i dubbi più frequenti in materia di lavoro agile dopo il ritorno alla procedura ordinaria.

Come sottolinea l’approfondimento, inoltre, per favorire la semplificazione degli obblighi per i datori di lavoro, la comunicazione andrà effettuata entro cinque giorni per non incorrere nelle sanzioni previste dall’art. 19, comma 3, del D.Lgs. n.276/2003. I datori di lavoro, dunque, devono porre attenzione alle nuove modalità di accesso per la trasmissione delle comunicazioni e per attivare il servizio massivo Rest – utile per l’invio di un elevato numero di periodi di lavoro agile da comunicare – e alle nuove tempistiche di comunicazione.

Smart working, la data del 31 dicembre

È prorogato invece fino al 31 dicembre lo smart working per i lavoratori fragili e per i genitori di figli con meno di 14 anni. La “promessa mantenuta” è stata confermata in diretta dal ministro del Lavoro Andrea Orlando che per l’occasione ha twittato: “In diverse occasioni, negli scorsi mesi, avevo proposto la proroga e mi ero impegnato affinché fosse approvata: promessa mantenuta“.

Lo smart working continua a piacere nel mondo

Secondo i risultati di un nuovo studio condotto in Germania, i lavoratori di tutto il mondo lavorano da casa con “numeri mai visti prima” e “vorrebbero farlo un pò di più“. L’indagine, pubblicata dall’Istituto tedesco Ifo per la ricerca economica, sostiene che i dipendenti lavorano da casa in media 1,5 giorni a settimana, in tutti i settori e per tutti i lavoratori dei 27 Paesi presi in esame.

La Germania, “casa” della ricerca, è appena al di sotto della media, con 1,4 giorni di lavoro da casa a settimana, mentre il Paese si trova a due anni e mezzo dalla pandemia di coronavirus. In Francia sono 1,3 giorni, negli Stati Uniti 1,6 e in Giappone 1,1, secondo l’Ifo. E nel nostro Paese? In Italia si attesterebbe a 1,5 giorni a settimana, in linea con la media dei 27.

“Mai prima d’ora – ha commentato Mathias Dolls, ricercatore e coautore dell’Ifo – un evento come la pandemia di Coronavirus ha stravolto la vita lavorativa in modo così completo in così poco tempo”. La differenza è che nel mondo i lavoratori hanno ormai assorbito questo stile di vita e accantonato il tradizionale scetticismo verso il lavoro da casa. Oltre la metà degli impiegati intervistati afferma di essere più produttivo lavorando da casa di quanto si aspettasse. E i lavoratori non vogliono rinunciare a questa possibilità. Oltre un quarto degli intervistati (26%) dichiara di essere pronto a cercare un nuovo impiego se il datore di lavoro dovesse richiedere la presenza totale sul luogo di lavoro.

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button