Lavoro

Quattro generazioni a lavoro insieme: opportunità o limite?

Aumento dell'età pensionabile e aspettative di vita lunghe stanno creando le condizioni per far convivere colleghi di quattro generazioni diverse. La ricetta HRCoffee per una convivenza felice.

Da un lato c’è l’innalzamento costante e continuo dell’età media in cui il lavoratore italiano va o può andare in pensione, dall’altro c’è una aspettativa di vita che continua a salire in termini di età media (siamo quasi a 83 anni). Due fattori che stanno de facto creando una possibilità – sebbene rara – finora assolutamente inaspettata: quattro generazioni al lavoro insieme, nella stessa azienda, magari finanche colleghi.

La questione la solleva la HRCoffee, tech-up specializzata in soluzioni per l’HR. “La forza lavoro multigenerazionale – spiegano da HRCoffee – rappresenta una grande ricchezza per le imprese e un vantaggio competitivo non indifferente, in quanto ogni generazione porta con sé un bagaglio di conoscenze e competenze potenzialmente differente rispetto alle altre”.

Questo, però, in un mondo ideale, in cui i conflitti generazionali sono appiattiti, il mondo non corre verso il progresso e vale ancora sopra ogni cosa la tradizione artigianale tramandata da padre in figlio. È altrettanto facile immaginare, invece, che appartenenti ai boomer, generazione X, millennial e generazione Z possano in qualche modo entrare in conflitto tra loro per delle differenze sostianziali di abitudini e pensiero. Niente di non visto per chi, sui social, ha visto battibeccare a suon di accuse generaliste schieramenti opposti e divisi dall’anno di nascità. “Se non ben gestite, le diversità tra una generazione e l’altra possono diventare la causa di conflitti, malcontenti, disallineamento del sapere e fallimento“, conferma HRCoffee. La verità, del resto, è sempre nel mezzo e quindi è importante che soprattutto gli estremi di questa paradossale situazione confluiscano in una comunicazione e un linguaggio comune. Gli opposti si attraggono fino ad un certo punto, per il resto è necessario favorire un accordo possibile e talvolta necessario.

“I baby boomers – racconta la product manager di HRCoffee Maria Cesaria Giordano – sono analogici e tradizionalisti, hanno imparato ad utilizzare la tecnologia solo in età avanzata e prediligono la comunicazione viso a viso e il confronto telefonico alle videocall o agli strumenti digitali. All’opposto, la generazione Z è iperconnessa e totalmente immersa in una dimensione che non ha più confini tra ciò che è online e ciò che invece è offline. La nuova generazione è smart, inclusiva e propensa all’innovazione. Diventa perciò fondamentale creare momenti di scambio e condivisione in modo da trasferire e tramandare le conoscenze e le competenze di generazione in generazione”.

Una mano che viene dal tech

“L’attuale situazione – continua Maria Cesaria Giordano – impone risposte di gestione (dei flussi di lavoro e della gestione delle risorse umane, ndr) che oggi la tecnologia può dare, come per esempio nell’ambito dei processi di onboarding, reverse mentoring e upskills. Il software di HRCoffee non soltanto aiuta a mappare la conoscenza aziendale attraverso gli analytics, ma aiuta l’organizzazione nei processi di aumento dell’engagement e del benessere dei propri dipendenti”.

Del resto la tech-up pugliese da sempre punta forte sul suo software “human-centric” di gestione HR “che consente di far emergere iniziative di open innovation, in un’ottica di continua evoluzione, di aumento dell’engagement, di analisi del divario delle competenze, di sviluppo dei processi di autovalutazione, di mappatura delle abilità del singolo, di upskilling, di reskilling e di HR digital twin“.

A prescindere da ciò, però, il concetto base è che la tecnologia può aiutare ad abbattere i muri tra generazioni, almeno nell’approccio lavorativo. Chissà quando una IA o un’analisi dei dati potrà mettere fine a questa guerra anche sui social network!

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